FOTO MARCELLO CAMPORA tutti i diritti sulle foto presenti nel sito sono riservati
Savona Open Theater est un laboratorire de théâtre social qui traite le thème de l'intégration entre
les differents peuples ;
il est ouvert à tout le monde,même à ceux qui désirent juste regarder,ce n'est pas obligatoire de parteciper à tous les rendez-vous, ni de savoir parler italien.
On ira travailler pour apprendre à mieux racconter quelque chose en jouant avec la voix et le corp
Savona Open Theater is a
‘’theater for social lab’’
related to the ‘’integration’’.
It works as an opened space: ther is not any mandatory attendance,
you could just stay and looking without nothing else, you do not need to speak italian or any other specific language.
The work is structured through storytelling voice and body
Savona Open Theater
je jedni LABORATORIJA OD DRUŠTVENI TEATAR na temi integracije,
radi na otvorenom: nema obaveznog prisustva, čak može samo gledati, ne mora da se govori italijanski jezik, rad će se fokusirati na priču: glasu i telu.
Svake srede na sati 20.00/22.00
PRESENTAZIONE PROGETTO
Khorakhanè è il titolo di una canzone di Fabrizio De Andrè, racconta la storia di un
popolo che in Italia è diventato nomade, che segue una corrente di ali.
L’incontro con questo testo oggi, dopo esperienze diverse, e in particolare
il lavoro con il gruppo Jamweli, ha fatto nascere in noi la voglia di provare
a fare un passo avanti, ci ha dato lo slancio per progettare
un Open Theater a Savona, la provincia in cui lavoriamo, in cui viviamo.
L’idea di provare a creare uno spazio libero e aperto, dove le tecniche del
teatro sociale possano permettere un incontro tra le persone
che vivono in questo territorio.
Incontrare l’altro e non soltanto passargli accanto:
incontro
1 [in-cón-tro] s.m.
Occasione di colloquio e di conoscenza che si crea quando due o più persone
si trovano nello stesso luogo contemporaneamente
Per incontrare l’altro serve un luogo quindi, e così lo abbiamo cercato, voluto, trovato. In questo ci ha aiutato la Caritas diocesana di Savona.
La disponibilità è venuta dalla Diocesi di Savona fornendoci nella Città dei Papi la “Sala Cappa”, proprio nel centro della città.
L’idea è quella di dare vita ad un laboratorio di teatro sociale, fortemente eterogeneo che in assenza di giudizio possa dialogare su cosa significa oggi, nella realtà in cui viviamo e con le persone che ne fanno parte, la parola “integrazione”.
Il presupposto non è quello di formare attori ma usare l’arte come linguaggio, una sorta di lingua trasversale che nascerà meticcia, all’interno del gruppo, espressione di un insieme, risultato di uno scambio.
In questa dimensione vivrà il racconto, anche non esplicito, di ognuno. Un racconto passato, un racconto sognato, un racconto condiviso o negato che andrà a costituire un collante di comunità:
“le storie ci consentono di assegnare un senso e un valore al mondo, sia quello esteriore, sia quello interiore … poiché una storia, anche la più elementare può aiutarci a trovare le risposte che cerchiamo … Sono per noi come l’acqua per i pesci”
Grottschall J. L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani, Bollati Boringhieri
Sono le interrelazioni narrative che ci consentono di dar vita a “quelle pratiche di risonanza” e di reciprocità di cui abbiamo bisogno per generare senso di appartenenza alla piccola città, multiforme e multi narrativa che ogni comunità è.
Non vogliamo fare interviste né scavare nelle vite dei partecipanti, tutt’altro: sarà possibile frequentare il laboratorio anche soltanto guardando, perché il pubblico fa parte del teatro potremmo dire ma, la verità è che sappiamo che ci sono tempi diversi e modi di partecipare che in un contesto del genere non sta a noi giudicare. Esserci è molto di più di non esserci.
La frequentazione è libera e praticamente gratuita (chi può lascerà qualcosa per pagare il riscaldamento della sala e possibile materiale di scena).
Questo non vuol dire che non ci saranno regole: abbiamo bisogno di binari per andare avanti, per poter scartare di lato e ritrovare la strada. Lavorare insieme significa rispetto del singolo e del gruppo.
La conduzione sarà curata principalmente da Sara Moretti e Marco Berta e da alcuni dei ragazzi del gruppo Jamweli che riusciranno a partecipare. La presenza di più conduttori dovrebbe permettere la possibilità di accogliere sempre nuove persone, anche dal punto di vista prettamente tecnico e linguistico.
Come ipotesi di lavoro abbiamo scelto dei testi di riferimento che al momento sono: L’isola e Mediterraneo , entrambi di Armin Gredere editi da Orecchio Acerbo. Pensiamo che lungo il percorso verranno inseriti altri materiali presentati dal gruppo come testi, immagini e canzoni.
Molto spazio verrà dato al lavoro sul “coro” nella sua dimensione spaziale di movimento, come stormo. Importante sarà per noi anche il lavoro sul corpo e la sua dimensione narrativa, in quella che potrà essere una drammaturgia dei silenzi.
Il lavoro sarà sempre ponderato in base al gruppo e alla sua situazione reale. Non abbiamo fretta né vincoli, né scadenze. L’idea di realizzare una performance finale è una possibilità che dà concretezza al lavoro, che porta fuori il lavoro della sala, che determina un riconoscimento del percorso fatto per i partecipanti e per il resto della cittadinanza ma, non siamo obbligati a farla.
Per quanto riguarda la visibilità del lavoro laboratoriale sull’esterno, oltre la possibilità di una performance, si realizzeranno foto e video che gireranno sui social, non per vanità, piuttosto per testimonianza.
Non sappiamo cosa succederà però, abbiamo buone speranze!
Negli ultimi anni Teatro21 ha collaborato con tantissime realtà savonesi, dalla Chiesa Evangelica alla CGIL , asili nido e scuole superiori, corsi di aggiornamento per agenti di polizia penitenziaria e per educatori, insomma ci sentiamo “ponte” tra diverse realtà, interlocutori validi e responsabili, e questa responsabilità ci permetterà l’analisi del risultato, qualunque esso sia.
Concludo con un pensiero di Z. Bauman:
“ La comunità ci manca perché ci manca la sicurezza … ci sfugge costantemente di mano o continua a disintegrarsi … anziché mitigarsi la nostra insicurezza aumenta di giorno in giorno … immersi come siamo in un mondo fatto di liberalizzazione, flessibilità, competitività ed endemica incertezza, ma (dove) ciascuno di noi consuma la propria ansia da solo, vivendola come un problema individuale”
Bauman continua parlando della comunità come dovrebbe essere: comunità solidali, prodighe, affettive di ognuno, non di meno orientate da scopi, nelle quali ci piacerebbe vivere e agire.
Il teatro di cui noi ci occupiamo (sociale e di comunità) ha proprio questo scopo: accompagnare la persona (e il gruppo), fornendogli strumenti, avendone cura, verso un percorso pedagogico di crescita che, disorganizzando e riorganizzando il dato esperienziale, induce una dinamica di cambiamento i cui effetti si riverberano sul grande laboratorio che è la vita.
Sara Moretti